Pubblicato il: 1 Marzo 2023

Nella newsletter di febbraio potrai trovare alcune sentenze in materia di diritto del lavoro.

Cliccando sui singoli link, oltre ai contenuti già presenti nell’articolo, troverai le sentenze integrali da cui sono tratti; in ognuna sono sottolineati i passaggi più significativi. Buona lettura della newsletter!

Il FOCUS di questo mese sarà: Licenziamento discriminatorio o ritorsivo.

Donna transessuale recesso aziendale discriminatorio

Tribunale di Roma n. 9037 n.27.12.2022

Il caso affrontato dal Tribunale di Roma si riferisce ad una docente di scuola paritaria assunta con contratto a progetto terminato per recesso unilaterale della scuola che la ricorrente riteneva doversi considerare discriminatorio in ragione della condizione di transessuale. In via preliminare il Tribunale si trovava a valutare se il recesso comminato dovesse considerarsi come tale per ragioni aziendali o se invero fosse veramente legato alla discriminazione di genere. Per giungere a tale valutazione il Tribunale si trovava necessariamente a esaminare le circostanze nelle quali avveniva l’insegnamento della docente e le modalità di spiegazioni agli studenti ottenibili attraverso testimonianze e registrazioni di conversazioni.

Malattia incurabile e disabilità – Licenziamento per superamento del comporto

Corte d’Appello di Napoli n. 168 del 17.01.2023

La Corte d’Appello si trova a valutare la situazione di un disabile, con patologia irreversibile, che matura un numero di giornate di assenza utili a superare il periodo di comporto e che in ragione di ciò viene licenziato. Dopo aver ripercorso la normativa del CCNL e il rapporto di questa con il concetto di discriminazione già affrontato dalla direttiva 2000/78/CE la Corte valutava il caso offertole nel senso rigettando le pretese dell’azienda e stabilendo che in casi di questo tipo il datore di lavoro si deve attivare per non computare i periodi di assenza derivanti dalla malattia nel comporto, ridurre l’orario di lavoro, avvisare il dipendente dell’approssimarsi della scadenza del comporto, specificare la possibilità di fruire di aspettativa non retribuita o di ferie residue.

Prova della discriminazione nel licenziamento

Cassazione civile n. 2606 del 27.01.2023

La sentenza in commento appare interessante per aver ribadito i riferimenti e i connessi oneri della prova qualora il caso verta sulla valutazione della discriminatorietà/ritorsività di un licenziamento. La Corte evidenziava come, seppure non delineata nei profili specifici, la richiesta di valutazione del licenziamento come discriminatorio risponde all’esigenza prioritaria di cui all’art. 3 della Costituzione da leggersi in combinato con la Direttiva 2000/78/CE. Alla luce di ciò l’onere del lavoratore è quello di provare la discriminatorietà mentre quello dell’azienda di provare in modo univoci circostanze che la escludano.

Malattia professionale a causa del licenziamento discriminatorio

Cassazione civile n. 2414 del 27.01.2022

La sentenza affronta la questione del licenziamento discriminatorio in rapporto alla richiesta di un dipendente di accertamento della nullità del provvedimento espulsivo per superamento del comporto a fronte del nesso causale della malattia contratta, le assenze e il comportamento datoriale. Specificamente la Suprema Corte evidenzia come non osti a una pronuncia di nullità del licenziamento discriminatorio il fatto che non sia dimostrato il nesso di causalità nella malattia che ha generato il superamento del comporto. Per la verifica della discriminatorietà è fondamentale prendere in esame tutta la prospettazione complessiva il cui onere probatorio è comunque a carico del lavoratore.

Prova della ritorsione nel licenziamento quale motivo illecito determinante

Cassazione civile n. 28399 del 29.09.2022

La Suprema Corte torna a rammentare quale sia il rapporto tra un licenziamento ritorsivo camuffato da licenziamento per giustificato motivo oggettivo. In particolare, evidenzia come il giudice debba verificare le argomentazioni del lavoratore circa la ritorsività del provvedimento (il cui onere è posto a suo carico) e al contempo l’esistenza dei presupposti per il licenziamento per g.m.o.: sussistenza della riorganizzazione e impossibilità di repechage. Non è infatti possibile un controllo delle motivazioni che hanno spinto l’azienda solo dopo che si è ritenuto infondata la ritorsività.

Trasferimento illegittimo e tutele del licenziamento discriminatorio

Corte d’Appello di Venezia n. 150 del 16.03.2022

Il caso esaminato dalla Corte di Venezia afferisce al licenziamento di una lavoratrice a seguito di una cessazione di attività d’impresa poi rivelatasi una semplice cessione tra aziende. In particolare, la sentenza, dopo aver ripreso gli aspetti che il Tribunale aveva ritenuto dirimenti per considerare l’evento occorso alla dipendente un trasferimento ex art. 2112 c.c. e non un licenziamento, si è espressa, in contrasto al primo grado, circa la tutela applicabile. Nello specifico, contrariamente al giudice di prime cure, trattandosi di rapporto di lavoro assoggettato alla tutela obbligatoria, non riteneva che il trasferimento mascherato da licenziamento non potesse trovare le tutele di nullità bensì unicamente di illegittimità ex art. 8 L. 604/66 con obbligo di riassunzione o pagamento in subordine di 6 mensilità.

Le altre sentenze del mese

Videoterminalisti e occhiali. Il datore di lavoro deve necessariamente fornirli

Corte di giustizia n. C‑392 del 22.12.2022

La sentenza in commento si riferisce ad un caso che il Tribunale Rumeno ha affrontato in tema di videoterminalista e necessità di utilizzo degli occhiali da vista, sul quale poi si è pronunciata la Corte di Giustizia. Il riferimento normativo che consente di applicare i medesimi principi anche nel diritto italiano è la Direttiva 90/270 in tema di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. La Corte ha qui chiarito i concetti di dispositivi di correzione e dispositivi speciali di correzione ove i secondi sono definiti come quegli strumenti che oltre a proteggere la vista del dipendente sono necessari anche per correggere un difetto e che si possono utilizzare anche al di fuori della prestazione. Altro nodo sciolto è quello del dovere del datore di lavoro di fornire tali strumenti protettivi; la Corte ha ritenuto che lo scopo della norma sia salvo anche quando in luogo dell’acquisto il datore di lavoro corrisponda al collaboratore il rimborso per l’acquisto dei dispositivi (se del caso anche mediante un premio).

Applicazione dell’Art. 28 statuto lavoratori anche per i riders

Tribunale di Bologna n.1332 del 12.01.2023

Il Tribunale di Bologna ha affrontato le vicende di una nota azienda che effettua consegne a domicilio di cibo in relazione all’imposizione ai riders della sottoscrizione di un CCNL con condizioni peggiorative rispetto al precedente. Si muovevano in difesa dei dipendenti le OO.SS. maggiormente rappresentative per rimarcare l’antisindacalità del comportamento aziendale. In prima battuta il giudice emiliano si trovava a fronteggiare l’applicabilità per dipendenti parasubordinati del rito speciale di cui all’art. 28 ST. Lav. Stante un riferimento implicito della norma del 1970 ai soli dipendenti subordinati. In realtà, alla luce delle novelle del Jobs Act del 2019 che equipara tutti i dipendenti, il Tribunale considerava estesa la tutela dell’art. 28 anche ai riders. Quanto poi alla possibilità di imporre un nuovo CCNL il Giudice si trovava a valutare se esistesse o meno una rappresentatività nazionale del nuovo firmatario del CCNL che l’azienda pretendeva di applicare condizione imprescindibile per l’operatività del CCNL.

Non si può licenziare il dipendente per condotte già punite

Cassazione civile n. 1584 del 19.01.2023

Nel caso affrontato dalla Corte di Cassazione un dipendente veniva licenziato per scarso rendimento ai sensi del Regio Decreto 148/1931 seppure in forza di precedenti provvedimenti disciplinari. La sentenza sottolinea come quando siano già state comminate sanzioni disciplinari per negligenze del prestatore secondo le previsioni del CCNL non sia possibile utilizzare, le stesse per evidenziare uno scarso rendimento e quindi a motivo del licenziamento. Sarebbe infatti come sanzionare due volte gli stessi fatti ma adottando una diversa valutazione o configurazione giuridica. La fattispecie di licenziamento per scarso rendimento deve utilizzarsi quindi quando non siano stati adottati provvedimenti disciplinari attraverso una valutazione complessiva del comportamento.

Periodo di apprendistato valido per anzianità di servizio

Cassazione civile n. 36380 del 13.12.2022

La Suprema Corte torna ad affermare nel caso specifico un principio che ritiene ormai consolidato da tempo in tema di contratto di apprendistato. Innanzitutto, chiarisce come il rapporto di apprendistato sia bifasico: una prima parte caratterizzata dalla formazione e una seconda che regola un rapporto di diviene ordinario per effetto della fine della formazione. Anche nel tenore della nuova formulazione dell’apprendistato professionalizzate la Corte ribadisce come il periodo di formazione debba considerarsi  ai fini dell’anzianità di servizio e che il CCNL non può derogare a tale principio.

Licenziamento per motivi oggettivi – presupposti di validità

Cassazione civile n. 36650 del 14.12.2022

La Suprema Corte ha affrontato il caso dell’impugnazione da parte di un lavoratore di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo dovuto alla riduzione di personale. Appare interessante la pronuncia perché richiama ancora una volta i presupposti per la validità di questo tipo di licenziamento che, si ribadisce, devono essere provati da datore di lavoro:

  1. soppressione del settore lavorativo, reparto, o posto cui era addetto il dipendente
  2. riferibilità della soppressione a progetti o scelte datoriali diretti a incidere sulla struttura organizzativa dell’impresa anche finalizzati a incremento di redditività
  3. impossibilità di impiego del lavoratore in mansioni diverse
  4. valutazione del personale fungibile in ragione dei criteri utilizzati per i licenziamenti collettivi

Risultanze del procedimento penale e procedimento disciplinare

Cassazione civile n. 36861 del 15.12.2022

La sentenza in commento si riferisce all’impugnazione del licenziamento disciplinare da parte di un dipendente per avere agevolato l’azione di altra persona (ex dipendente) nella commissione di un potenziale illecito penale. La Corte, quindi, torna ad affrontare il tema della connessione tra procedimento penale e disciplinare asserendo che i due profili attengono a responsabilità diverse e per tale motivo gli stessi fatti mentre possono non costituire rilevanza penale possono invero implicare l’adozione di un provvedimento disciplinare. Anche le intercettazioni ottenute nel penale possono essere utilizzate a fondamento delle contestazioni seppure il primo sia ancora nella fase delle indagini preliminari.

Ruba materiale edile e incidenta un furgone aziendale – Licenziamento

Cassazione civile n. 37318 del 20.12.2022

La sentenza in commento si riferisce al caso di un operaio edile comunale che recatosi in un luogo specifico si accingeva a rubare alcuni materiali; nell’allontanamento dai luoghi aveva un incidente che danneggiava il mezzo e che portava la polizia intervenuta a scoprire il furto. Il dipendente veniva quindi licenziato. In via preliminare la Corte evidenzia come, nel pubblico impiego ma anche nel privato con norme dei CCNL del tutto analoghe, non vi sia un’esatta elencazione delle fattispecie relative al licenziamento con la conseguenza che quelle specificate possono essere applicate per analogia. Inoltre, rileva come non sia necessario per il datore di lavoro attendere la condanna definitiva in caso di reato in quanto il giudizio sul comportamento e sulla lesione del vincolo fiduciario ben può avvenire sin dal rinvio a giudizio.

Fallimento e passaggio dei dipendenti – Diritto al TFR dal fondo di garanzia INPS

Cassazione civile n. 37789 del 27.12.2022

La vicenda affrontata dalla Cassazione è usuale in tema di rapporti di lavoro; i dipendenti vengono trasferiti da un’azienda all’altra e la prima di impegna a manlevare la seconda dal versamento del TFR. Quando poi interviene il fallimento (della prima) i lavoratori vengono obbligati ad escutere la seconda nonostante l’accordo tra le due prima di adire al Fondo di Garanzia Inps. Per affrontare il caso la Suprema Corte ha previamente ribadito i requisiti necessari per l’accesso al Fondo di Garanzia Inps quali l’insolvenza del datore di lavoro, l’accertamento del credito contenuto nell’ammissione allo stato passivo o l’effettuazione della procedura esecutiva. Tuttavia, mentre lo stato passivo accerta il credito anche nei confronti dell’Inps, allo stesso modo non è escluso che quest’ultima possa rilevare la carenza di uno dei presupposti. Qualora si rilevi, come nel caso una successione di aziende non è possibile l’intervento del Fondo.

Differenza di trattamento tra dipendenti in tema di licenziamento

Cassazione civile n. 88 del 03.01.2023

La Suprema Corte nella sentenza, che rileva molte irregolarità rituali, ribadisce un concetto ormai granitico in giurisprudenza e cioè che ai fini della verifica della legittimità o meno del licenziamento è irrilevante che il comportamento assunto come lesivo del vincolo fiduciario sia stato in altra circostanza valutato in modo differente. In altre parole, la discrezionalità con la quale un datore di lavoro decide di sanzionare i propri dipendenti non inficia la regolarità del provvedimento stesso.

Trasferimento d’azienda

Cassazione civile n. 1293 del 17.01.2023

La sentenza in commento richiama ancora una volta i principi fondamentali in tema di trasferimento di ramo d’azienda ex art. 2112 c.c. rilevando come il ramo debba intendersi come ogni entità economica organizzata la quale conservi la sua identità, come preesistente entità produttiva funzionalmente autonoma e non una struttura produttiva creata ad hoc in occasione del trasferimento. Alla luce di ciò in caso di trasferimento illegittimo l’onere dell’azienda è quello di riposizionamento del dipendente nel posto precedentemente occupato o in altro che si sia reso necessario attivare per ragioni organizzative reali.

Demansionamento e relativo danno – La prova è a carico del lavoratore

Cassazione civile n. 2122 del 24.01.2023

La Suprema Corte affronta il caso di una lavoratrice che lamenta un danno da demansionamento che in primo grado le veniva riconosciuto mentre in appello respinto. Ciò che rileva in tale sentenza è come sia necessario che il giudice debba sempre seguire un percorso lineare nelle proprie considerazioni. In particolare, pur avendo la Corte d’Appello evidenziato tutti i passaggi, provati dalla lavoratrice, che implicavano un demansionamento, nei fatti riteneva che non vi fossero indizi utili ad accertare il danno stesso. Tale assunto veniva rifiutato dalla Cassazione considerato che una volta provato il demansionamento il relativo danno deve naturalmente discendere.

Lavora in un pub mentre è in malattia – Licenziato

Tribunale Foggia del 16.12.2022

Il caso affrontato dal Tribunale di Foggia si riferisce a un lavoratore che durante la malattia veniva sorpreso, attraverso indagine investigative, mentre lavorava presso un pub di famiglia e per questo licenziato. La sentenza ha avuto l’occasione di ribadire che durante la malattia nonostante le previsioni di cui agli artt. 5 e 8 dello statuto dei lavoratori, non è escluso che il datore di lavoro, al fine di accertare attività illecite, si avvalga di investigatori privati. Inoltre, il giudice ha rammentato come in linea di principio non è escluso per il dipendente svolgere durante la malattia altra attività, tuttavia questa non deve compromettere lo stato di salute o la sua ripresa.

Ricercatore universitario che non adempie agli obblighi

Consiglio di Stato civile n. 629 del 18.01.2023

Nella sentenza in commento si pronuncia il Consiglio di Stato in quanto il riferimento è un rapporto di lavoro tra un ricercatore e un’università. In particolare, il Consiglio è chiamato a verificare se la sanzione disciplinare comminata al ricercatore della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per 4 mesi sia coerente con le normative in essere presso l’Ateneo. Il caso appare interessante perché evidenzia, con un chiaro rimando alla normativa specifica, quali siano gli obblighi dei ricercatori indipendentemente dall’effettività della presenza di studenti: attività didattica anche integrativa, esercitazioni, redazione di pubblicazioni, collaborazione con gli studenti, il tutto svolto attraverso certificazioni e attestazioni di presenza. Nel caso di ricercatore, inoltre, mentre la contestazione disciplinare che deve già contenere tutti gli elementi specifici e utili ai fini delle difese, può essere predisposta dal Rettore, il successivo provvedimento deve essere sottoposto al vaglio del Consiglio di disciplina.

Responsabilità per infortunio del committente

Cassazione civile n. 2991 del 01.02.2023

Nella sentenza, al netto di una serie di considerazioni afferenti al giudizio di cassazione nella sua forma, richiama un principio importante in tema di responsabilità del committente in caso di infortunio. La stessa, infatti, si estende al committente solo dove lo stesso si sia reso garante di vigilare sui lavori e si sia riservato i poteri tecnico – organizzativi dell’opera da eseguire. Non si ha responsabilità per il solo fatto di aver affidato il lavoro a terzi in appalto. Inoltre, non si può chiedere al committente un controllo pressante e continuo e capillare sui lavori.

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