Pubblicato il: 4 Aprile 2023

Nella newsletter di marzo potrai trovare alcune sentenze in materia di diritto del lavoro.

Cliccando sui singoli link, oltre ai contenuti già presenti nell’articolo, troverai le sentenze integrali da cui sono tratti; in ognuna sono sottolineati i passaggi più significativi. Buona lettura della newsletter!

Il FOCUS di questo mese sarà:

Lavoratori disabili: permessi, aspettative, licenziamento, trasferimento

Apprendistato che non prosegue – discriminazione per due gravidanze

Corte di Cassazione del 3.02.2023

La Corte di Cassazione si trova a valutare le circostanze di discriminazione addotte da una lavoratrice che, secondo la sua tesi, veniva disdettata nel contratto di apprendistato a seguito di due gravidanze. Considerato un orientamento contrastante tra il primo e il secondo grado la Corte fa il punto in tema di discriminazione e oneri probatori. Infatti, nell’ambito della discriminazione derivante dal sesso, la prova può essere fornita dalla parte ricorrente anche attraverso presunzioni che individuino una differenza di trattamento o un particolare svantaggio. Il datore di lavoro è poi onerato di dimostrare che vi siano circostanze che escludono, nel concreto, tale discriminazione.

Lavoratore licenziato e poi adibito ad attività demansionanti

Tribunale di Lecco del 9.02.2023

Il Tribunale affronta qui un caso che talvolta si verifica se seguito della reintegra dopo un licenziamento: la volontà di estromettere nuovamente il lavoratore per motivi differenti. Nella situazione esaminata in particolare il lavoratore disabile reintegrato veniva adibito a mansioni demansionanti e lesive della professionalità. E qui il Giudice evidenziava i concetti, ormai europei di discriminazione indiretta, di ragionevole adeguamento delle misure organizzative aziendali.

Obblighi di assistenza al disabile, quando si configura abuso del diritto

Cassazione civile n. 2235 del 25.01.2023

Il caso trae origine da un lavoratore che impiegato in azienda con orario di lavoro a turni chiedeva permessi per assistenza del disabile. Li utilizzava tuttavia, a detta dell’azienda, durante il giorno senza però occuparsi del disabile. Veniva pertanto licenziato per abuso dei diritti connessi ai permessi ex L. 104/92. Respinte le sue doglianze in primo e secondo grado venivano invece accolte dalla Cassazione. Il principio cardine cui si riferiva la Suprema Corte era quello di valutare, nell’ambito della fruizione dei permessi anche la peculiare attività lavorativa. Qualora infatti la stessa venga eseguita in orario notturno è necessario che l’assistenza sia prestata in quegli orari, risultando privo di interesse il comportamento diurno del prestatore.

Utilizzo dei permessi e verifiche da parte di agenzie investigative

Cassazione civile n. 7306 del 13.03.2023

Il caso è quello di un lavoratore che durante la fruizione di permessi per l’assistenza dei genitori disabili eseguiva anche attività per benessere personale. La Corte evidenziava, posto che non più necessario l’obbligo di convivenza e continuità dell’assistenza, che l’elemento fondante la legittima fruizione dei permessi è l’esistenza di un diretto e rigoroso nesso causale tra la fruizione del permesso e l’assistenza alla persona disabile, da intendere non in senso così rigido da imporre al lavoratore il sacrificio, in correlazione col permesso, delle proprie esigenze personali o familiari in senso lato, ma piuttosto quale chiara ed inequivoca funzionalizzazione del tempo liberato dall’obbligo della prestazione di lavoro alla preminente soddisfazione dei bisogni della persona disabile.

Gode dei permessi per assistenza al disabile e viene trasferito

Cassazione civile n. 33429 del 11.11.2022

La Suprema Corte affronta il caso di un lavoratore che gode di permessi ex L. 104/92 e che viene trasferito. In particolare, ciò che si propone di valutare è la sovrapponibilità tra l’obbligo di repêchage valutabile in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo e limiti del trasferimento del lavoratore che assiste con continuità un familiare disabile convivente. Ritiene la Corte che le due fattispecie non siano assimilabili per gli interessi sottesi che mirano a tutelare, dove nel caso dei permessi vengono in luce anche quelli del portatore di handicap. Infatti, la particolarità delle esigenze sottese al mantenimento dell’assistenza alle persone handicappate, determina la inapplicabilità, in caso di soppressione del posto della tutela di cui alla L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 5, che riguarda invece le ipotesi di mobilità dei lavoratori per ordinarie ragioni tecnico-produttive in tema di trasferimento.

Recarsi in chiesa durante la fruizione dei permessi non è consentito

Cassazione civile n. 25290 del 24.08.2022

Tra gli aspetti interessanti della sentenza in commento che esamina il caso di un licenziamento di una lavoratrice che durante la fruizione dei permessi per l’assistenza al disabile eseguiva anche altre attività, vi è quello relativo alla religione. La Suprema Corte, che non può entrare nel merito degli accertamenti già condotti in appello per i rigidi limiti imposti dalle previsioni di legge, si è tuttavia soffermata a confermare come il giudizio d’appello abbia correttamente affermato che: previa una corretta presa di distanza laica in punto di dedizione alla religione osservata dalla lavoratrice e dai familiari assistiti, aveva considerato effettivamente estranee all’area assistenziale tutelata solo le “ore dedicate dalla A. ai propri “esercizi spirituali “” (alludendo ovviamente ai tempi di raccoglimento religioso della lavoratrice a titolo individuale), mentre aveva considerato solo in parte a favore della stessa i tempi di trattenimento in chiesa.

Concetto di assistenza continua al disabile

Corte d’Appello Cagliari del 11.01.2023

La Corte d’Appello sottolinea ancora una volta i necessari requisiti di permanenza a disposizione del familiare disabile ove da nessuna parte della legge, si evince che, nei casi di permesso, l’attività di assistenza dev’essere prestata proprio nelle ore in cui il lavoratore avrebbe dovuto svolgere la propria attività lavorativa. …. Di conseguenza, se è considerata assistenza continua quella che il lavoratore presta nei giorni in cui lavora, ne consegue che non vi è ragione per cui tale nozione debba mutare nei giorni in cui il lavoratore usufruisce dei permessi: infatti, anche in quei giorni egli è libero di graduare l’assistenza al parente secondo orari e modalità flessibili che tengano conto, in primis, delle esigenze dell’handicappato; il che significa che nei giorni di permesso, l’assistenza, sia pure continua, non necessariamente deve coincidere con l’orario lavorativo, proprio perché tale modo di interpretare la legge andrebbe contro gli stessi interessi dell’handicappato.

Lavoratrice disabile licenziata per superamento del comporto

Tribunale Lodi del 12.09.2022

Nel caso affrontato dal Tribunale la lavoratrice, disabile, veniva licenziata per superamento del comporto. La stessa asseriva di essere stata oggetto di discriminazione indiretta in rapporto alle recenti pronunce comunitarie, in considerazione del fatto che l’azienda non avrebbe dovuto inserire nel comporto i giorni relativi alle malattie diretta conseguenza dell’invalidità. In realtà, il giudice contestava tale assunto ribadendo come non vi fossero norme di legge o nei CCNL che consentissero di operare tale distinzione.

Le altre sentenze del mese

Viene sorpreso con stupefacenti nello stabilimento durante la pausa pranzo

Cassazione n.5599 del 23.02.2023

Il caso esaminato dalla Suprema Corte è frutto di un articolato procedimento che ha visto in tutti i gradi di giudizio la soccombenza della società per aver licenziato un dipendente arrestato durante la pausa pranzo per essere in possesso di stupefacenti. I punti salienti della situazione erano l’aver tutte le sentenze giudicato il comportamento come inidoneo a integrare gli estremi di un licenziamento potendo invero inquadrarsi all’interno delle tutele conservative.

Incidenza del compenso per lavoro notturno sugli istituti indiretti

Cassazione civile n. 38172 del 30.12.2022

La Suprema Corte, affrontando il caso particolare del CCNL multiservizi, ha espresso parere in tema di lavoro notturno e incidenza di quest’ultimo sugli istituti indiretti. In particolare, per risolvere l’interpretazione della norma del CCNL che distingue i lavoratori tra coloro che stabilmente svolgono attività notturna e coloro che la eseguono solo saltuariamente, la Corte ha dovuto necessariamente verificare l’articolazione concreta dell’orario di lavoro dei ricorrenti non potendo infatti prescindere dallo stesso.

Doppio licenziamento, uno in pendenza dell’altro

Cassazione civile n. 38183 del 30.12.2022

Il caso esaminato afferisce a un doppio licenziamento, il primo effettuato e ritenuto poi illegittimo con diritto alla reintegra e al risarcimento del danno, il secondo comminato per motivi di cessazione dell’appalto nelle more della decisione del primo. Tra ciò che merita di essere rilevato vi è l’indirizzo della Corte secondo cui, a seguito delle note pronunce in tema di licenziamento per GMO sulla tutela applicabile (nell’ambito dell’art. 18 St. Lav.), il risarcimento del danno statuito in caso di illegittimità del licenziamento prescinde dall’effettiva reintegra o meno (nel caso di specie si aveva un secondo licenziamento) e deve essere comunque corrisposta.

Concessione alloggio al dipendente – parte della retribuzione

Cassazione civile n. 38169 del 30.12.2022

La Corte torna ad affrontare l’argomento dei fringe benefit e in particolare quello relativo alla concessione in uso gratuito al dipendente di un alloggio. I fringe benefits sono quei beni o servizi che le imprese accordano ad alcuni dipendenti, in aggiunta alla retribuzione e che con riferimento all’attribuzione del godimento di un alloggio esso costituisce una componente in natura della retribuzione, da considerare ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto, solo qualora vi sia connessione con la posizione lavorativa del dipendente che ne fruisce. Non ha natura retributiva quando sia necessaria a tenere indenne il lavoratore da spese che non avrebbe incontrato se non fosse stato trasferito, sostenute nell’interesse dell’imprenditore.

Rapporto di lavoro apparentemente autonomo – responsabilità in caso di infortunio

Cassazione civile n. 171 del 04.01.2023

La sentenza previamente evidenzia come in sede di legittimità non sia possibile riesaminare se il rapporto tra le parti sia stato o meno correttamente configurato nell’ambito del contratto subordinato. Tuttavia, ai fini della definizione della controversia rileva come la responsabilità dell’imprenditore ex art. 2087 c.c., pur non configurando un’ipotesi di responsabilità oggettiva, sorge non soltanto in caso di violazione di regole di esperienza o di regole tecniche già conosciute e preesistenti, ma sanziona anche l’omessa predisposizione, da parte del datore di lavoro, di tutte le misure e cautele idonee a preservare l’integrità psico-fisica del lavoratore in relazione alla specifica situazione di pericolosità, inclusa la mancata adozione di direttive inibitorie nei confronti del lavoratore medesimo.

Licenziamento del dirigente, differenza tra giusta causa e giustificatezza

Cassazione civile n. 381 del 10.01.2023

Il pregio della pronuncia in parola è quello di ribadire che nel licenziamento del dirigente, per sua natura escluso dalle ordinarie tutele dell’art. 18 St. Lav., implica una nozione differente per quella che comunemente viene indicata come giusta causa e che si riconduce piuttosto alla giustificatezza. Per questo motivo, il licenziamento del dirigente non è necessariamente la extrema ratio ma può conseguire a ogni infrazione che possa minare alla fiducia che il datore di lavoro ripone nel dirigente. Non si pone quindi un problema di proporzionalità ma di accertamento dei comportamenti che hanno compromesso tale affidabilità.

Impugnazione del licenziamento e cessione ex art. 2112 c.c.

Cassazione civile n. 404 del 10.01.2023

Il caso affrontato dalla Suprema Corte riguarda l’impugnazione del licenziamento in via extragiudiziale e l’avvio della procedura ex art. 410 c.p.c. per il tentativo di conciliazione al cessionario in un caso di cessione di ramo d’azienda. In particolare, il lavoratore aveva mandato la lettera di impugnazione e nei 180 giorni successivi aveva avviato il tentativo di conciliazione non alla datrice di lavoro bensì alla cessionaria. La Corte evidenziava come nel caso di risoluzione del rapporto di lavoro prima della cessione, non possa operare la continuazione del rapporto ai sensi dell’art. 2112 c.c. e quindi la responsabilità del cessionario, fatto salvo che l’illegittimità dello stesso non sia statuita mediante sentenza reintegratoria. In conseguenza di ciò tutti gli atti interruttivi di prescrizioni o decadenze vanno imputati al datore di lavoro e non al cessionario.

Cassiera resta ferma durante un furto

Cassazione civile n. 770 del 12.01.2023

Il tema di cui alla pronuncia in esame è quello che investe da un lato gli obblighi del lavoratore di adempiere alla prescrizioni imposte dal datore di lavoro e dall’altro gli obblighi di protezione ex art. 2087 c.c. di quest’ultimo. La vicenda è quella relativa al licenziamento di una cassiera che intimidita da tre soggetti che le imponevano di passare il carrello senza pagare. L’azienda sosteneva che ella sarebbe venuta meno alla prestazione e questo bastava per licenziarla. La sentenza affermava al contrario che nessun licenziamento doveva essere operato, l’accertamento dei fatti aveva convinto i giudici che le modalità con le quali i ladri avevano accerchiato e intimorito la lavoratrice bastavano a escludere che la stessa potesse avere altre scelte se non quella di accondiscendere.

Contestazione e licenziamento dopo 4 anni dai fatti

Cassazione civile n. 1429 del 18.01.2023

Il merito della sentenza riportata è di aver nuovamente confermato il concetto di immediatezza dell’avvio del procedimento disciplinare. Nel caso riportato infatti pur avendo la Corte d’Appello (prima della Cassazione) accertato i fatti addebitati al lavoratore e quindi l’esistenza di comportamenti, si trovava costretta a dichiarare l’illegittimità del licenziamento perché l’azienda non era stata in grado di motivare (se non per esigenze interne e non ostacoli giuridici) il ritardo di 4 anni nell’invio della contestazione disciplinare. La sentenza rileva come sia possibile postergare il procedimento ma solo a fronte di comprovati impedimenti giuridici o fattuali, diversamente deve operare il principio dell’immediatezza.

Contestazione della recidiva

Cassazione civile n. 4831 del 16.02.2023

In tema di procedimenti disciplinari ai fini dell’applicazione della recidiva e quindi dell’incremento previsto da taluni CCNL circa la sanzione da irrogare, la Suprema Corte rammenta come sia necessario che il datore di lavoro menzioni l’esistenza di una recidiva sulla scorta che i comportamenti addebitati siano in medesimi. In assenza di questa, o in caso di eliminazione dei provvedimenti disciplinari relativi ai comportamenti pregressi non è possibile tenerne conto.

Infarto del medico adibito a superlavoro da parte dell’ASL

Cassazione civile n. 6008 del 28.02.2023

La Suprema Corte, con un filone giurisprudenziale costante, affronta il tema del superlavoro dei medici che sono sottoposti a orari di lavoro intensi e prolungati sulla scorta della carenza di personale. Nel caso di specie, il medico chiedeva il risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2087 c.c. per non aver la struttura ospedaliera tutelato la sua salute e rispettato le previsioni di legge in tal senso. L’onere della prova posto a carico del lavoratore è quello di indicare gli orari di lavoro e il carico attribuito, all’azienda spetta invece dimostrare di aver correttamente adempiuto facendo svolgere orari normali, congrui e tollerabili.

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