Pubblicato il: 14 Gennaio 2025

Cosa sono le dimissioni “in bianco”?
Le dimissioni “in bianco” rappresentavano una pratica irregolare in cui i lavoratori venivano costretti a firmare lettere di dimissioni senza data, lasciando alle aziende la possibilità di risolvere il rapporto di lavoro senza rispettare procedure formali o tutele. Questa pratica, utilizzata principalmente per evitare licenziamenti e aggirare le garanzie di legge, era spesso usata contro lavoratori vulnerabili.

Dal 2016, grazie all’introduzione delle dimissioni telematiche (D.Lgs. n. 151/2015), questa condotta è stata ufficialmente vietata. La riforma ha obbligato i lavoratori a formalizzare le dimissioni solo attraverso un modulo online sul portale del Ministero del Lavoro, rendendo la procedura tracciabile e verificabile.

 

Cosa è cambiato in quasi 10 anni di normativa?

  1. Riduzione degli abusi

La transizione al sistema telematico ha portato a un significativo calo delle dimissioni “in bianco”. La necessità di autenticarsi tramite SPID o altre credenziali rende praticamente impossibile per il datore di lavoro forzare un dipendente a firmare dimissioni contro la sua volontà.

Questo risultato è confermato dalle numerose pronunce giurisprudenziali che hanno annullato dimissioni non telematiche o coercitive, riaffermando la centralità della trasparenza nel rapporto di lavoro.

  1. Maggior consapevolezza tra i lavoratori

La normativa ha spinto lavoratori e sindacati a sensibilizzarsi sui diritti legati alla cessazione volontaria del contratto. Le campagne informative e l’accesso a strumenti digitali hanno favorito una maggiore conoscenza delle procedure corrette, in particolare tra giovani e lavoratori precari.

  1. Nuove responsabilità per le aziende

Per le imprese, il sistema telematico ha eliminato la possibilità di adottare pratiche scorrette legate alle dimissioni. Tuttavia, questo ha anche richiesto uno sforzo di adeguamento per la gestione delle risorse umane, rendendo necessaria una formazione specifica per evitare errori.

Cosa resta difficile attuare?

  1. La digitalizzazione non è ancora universale

Sebbene il sistema telematico sia una conquista, non tutti i lavoratori hanno un accesso facile agli strumenti digitali. Alcuni gruppi, come gli over 50, i lavoratori meno istruiti o chi vive in aree con scarsa connettività, trovano ancora complesso utilizzare il portale del Ministero del Lavoro.

Questo divario digitale apre un margine di incertezza, perché in alcuni casi i lavoratori possono delegare la procedura, reintroducendo il rischio di influenze esterne.

  1. La coercizione indiretta

Nonostante il sistema telematico, permangono forme di pressione meno visibili:

  • Clima aziendale intimidatorio. Alcuni lavoratori, pur avendo il controllo formale della procedura, potrebbero sentirsi costretti a dimettersi per evitare ritorsioni o peggioramenti delle condizioni lavorative.
  • Ricatti non documentabili. La minaccia di mancato rinnovo di contratti a termine o pressioni psicologiche continuano a rappresentare un problema.
  1. La difficoltà di accertare abusi

Nonostante i progressi normativi, non sempre è facile per i giudici dimostrare che le dimissioni siano avvenute sotto coercizione, soprattutto in assenza di prove tangibili come testimonianze o documenti.

  1. Mancanza di piena uniformità nel sistema

Alcuni datori di lavoro cercano ancora di aggirare la normativa, ad esempio simulando dimissioni telematiche o utilizzando canali alternativi, approfittando della scarsa dimestichezza del dipendente con la procedura.

Le sfide per il futuro

A quasi 10 anni dall’introduzione delle dimissioni telematiche, è evidente che la normativa rappresenta un passo avanti importante. Tuttavia, alcune sfide richiedono interventi mirati:

  1. Ridurre il divario digitale.
    È fondamentale assicurare che tutti i lavoratori, indipendentemente dall’età o dal livello di istruzione, abbiano accesso alle competenze e agli strumenti necessari per utilizzare il sistema. Questo può avvenire attraverso:

    • Campagne di formazione.
    • Semplificazione ulteriore del portale telematico.
  2. Migliorare la vigilanza contro le pressioni indirette.
    Servono strumenti più efficaci per individuare e sanzionare le forme di coercizione psicologica o contrattuale, anche con il potenziamento dell’Ispettorato del Lavoro.
  3. Incentivare la compliance aziendale.
    Le imprese dovrebbero essere supportate nella creazione di ambienti lavorativi trasparenti, attraverso incentivi e formazione, per ridurre il rischio di contenziosi.

Conclusioni

La normativa del 2016 sulle dimissioni telematiche ha segnato una svolta epocale, ponendo fine a una pratica dannosa come le dimissioni “in bianco”. Tuttavia, quasi 10 anni dopo, è evidente che il sistema richiede ancora perfezionamenti, sia dal lato digitale che da quello delle relazioni lavorative.

Per le aziende, il rispetto di questa normativa non è solo un obbligo, ma un’opportunità per costruire un ambiente lavorativo fondato sulla fiducia e sulla legalità. Resta cruciale continuare a investire in formazione, trasparenza e dialogo per superare le difficoltà ancora presenti e garantire relazioni lavorative corrette.

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